DPCM, Circolari Ministeriali, Protocolli. Ormai è passato quasi un anno e i documenti che sono stati prodotti da Governo, Ministeri, Comitati Tecnici, sono numerosi. Ma un Datore di Lavoro ad oggi cosa deve fare per evitare sanzioni e problemi? Facciamo il punto.
Per prima cosa, ai sensi di quanto previsto dal “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto ed il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro”, del 24 aprile 2020, tutte le aziende devono:
· redigere un Protocollo aziendale con il quale vengono definite le misure che i lavoratori dovranno rispettare in termini di sicurezza dal rischio COVID-19 e darne adeguata informazione ai lavoratori;
· costituire un comitato aziendale per l’applicazione e la verifica delle regole del Protocollo o, alternativamente, aderire al Comitato Territoriale”, ove esistente;
· fornire ai lavoratori gli strumenti necessari per il contenimento del rischio (mascherina chirurgica o FFP2, gel igienizzante, ecc.), istruirli sull’utilizzo corretto e verificare che siano utilizzati;
· pulire con particolare attenzione tutte le superfici toccate di frequente, quali superfici di muri e mobilio, porte e finestre, servizi igienici, tastiere di ascensori, distributori bevande, attrezzature di uso comune, ecc.
In caso si verificasse un caso COVID-19 in azienda, occorre coinvolgere il Medico Competente nominato ai sensi dell’art. 38 D.Lgs. 81/08, che fornirà tutte le indicazioni sia al Datore di Lavoro che al lavoratore.
Le aziende che non hanno l’obbligo di nominare il Medico Competente possono rivolgersi al Servizio di Igiene e Sanità Pubblica dell’ATS competente sul territorio. Il Datore di Lavoro potrebbe anche decidere di nominare un Medico Competente, anche se non obbligato, per il periodo dell’emergenza COVID-19.
Il Datore di Lavoro di un’azienda sita in Lombardia deve misurare la temperatura ai lavoratori all’ingresso in azienda. Tale dato non deve essere registrato, ma al lavoratore deve essere data adeguata informativa.
Se tale temperatura risulterà superiore ai 37,5°, non sarà consentito l'accesso o la permanenza nei luoghi di lavoro. Le persone in tale condizione saranno momentaneamente isolate e non dovranno recarsi al Pronto Soccorso. Il Datore di Lavoro comunicherà tempestivamente tale circostanza, tramite il Medico Competente di cui al D.L. n.81/2008 e/o l’ufficio del personale, all’ATS territorialmente competente la quale fornirà le opportune indicazioni cui la persona interessata deve attenersi.
Qualora un lavoratore risultasse positivo al COVID-19 si deve procedere ad una pulizia accurata (igienizzazione) degli ambienti di lavoro da questo frequentati; la pulizia deve essere fatta seguendo le indicazioni contenute nella Circolare del Ministero della Salute n. 5443 del 22.02.2020.
Più complessa la gestione del rientro di un lavoratore risultato positivo al COVID-19, alla luce delle recenti circolari che hanno creato confusione.
Il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto ed il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro” del 24 aprile 2020 prevede che per il rientro al lavoro il lavoratore deve essere sottoposto a due tamponi, effettuati in successione a distanza di 24 h l’uno dall’altro, ed entrambi devono risultare negativi. Viene così emesso il certificato di avvenuta negativizzazione da presentare in azienda per potere riprendere l’attività lavorativa.
La Circolare del Ministero della Salute n. 32850 del 12/10/2020 (Indicazioni per la durata ed il termine dell’isolamento e della quarantena) stabilisce i criteri che devono essere soddisfatti per la riammissione in comunità di un cittadino (….. Le persone che, pur non presentando più sintomi, continuano a risultare positive al test molecolare per SARS-CoV-2, in caso di assenza di sintomatologia - fatta eccezione per ageusia/disgeusia e anosmia che possono perdurare per diverso tempo dopo la guarigione - da almeno una settimana, potranno interrompere l'isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi……).
Ad oggi nessun DPCM ha recepito tali indicazioni, quindi il Protocollo del 24 aprile 2020 è da ritenersi ancora valido e di carattere superiore alla Circolare del Ministero della Salute. Pertanto il lavoratore deve ancora fornire all’azienda il certificato di avvenuta negativizzazione.
Il Medico Competente dovrà valutare il caso e l’eventuale documentazione sanitaria del lavoratore e stabilirà con lo stesso lavoratore se è necessaria la visita medica per confermare l’idoneità alla mansione e le eventuali misure di cautela aggiuntive.
In ogni caso se l’assenza per malattia ha superato i 60 giorni il lavoratore sarà sottoposto obbligatoriamente a visita medica da parte del Medico Competente, come stabilisce il D.Lgs. 81/08.
Attendiamo eventuali ulteriori modifiche nei prossimi DPCM.